Giorno 12 - La cavalcata

Venerdì 12/08/2011
(Racconto di Stefano)

 
Nonostante possa sembrare strano per chi non abbia mai vista una, dormire in una gher è la cosa più tranquilla e riposante che possa esserci. Sarà per il letto largo è comodo, sarà per il silenzio incessante o sarà per l'atmosfera surreale del posto, ma questa è stata la notte che ho apprezzato di più da quando siamo partiti. Ci svegliamo alle 6.30 per poterci gustare la colazione prima della nostra seconda gita a cavallo. Il tempo è bello e la temperatura decisamente favorevole per una sgaloppata . 

La sala da pranzo



Non ci aspettiamo niente di speciale colazione ma rimaniamo piacevolmente sorpresi nello scorgere in mezzo all'enorme sala, un ricco buffet di buonissime prelibatezze. Crema di cioccolato fuso, latte condensato, nutella, frittelline, burro e marmellata soddisfano decisamente i nostri palati.






Ci avviamo così con ansia verso il ritrovo della cavalcata, sono le 8:00 e siamo pronti per le nostre 3 ore in sella. Ognuno riprende il proprio cavallo e partiamo verso le montagne a passo lento. Questa volta il ginocchio non mi dà problemi e posso finalmente gustarmi a dovere la gita. La strada si sviluppa tra prati e collinette fino ai piedi di una salita un po' più impervia a cui arriviamo dopo circa un'ora di cammino. La salita mette a dura prova i nostri cavalli, sia per la pendenza che per il manto sassoso. Circa a metà infatti la nostra guida ci fa cenno di scendere. Da lì alla cima procederemo piedi. Io e Lore abbiamo al seguito il nostro rispettivo cavallo, mentre Lau e Nady procedono a piede libero. Dalla cima possiamo scorgere in lontananza il nostro villaggio oltre che una distesa infinita di steppa in cui l'occhio si perde e la mente si apre. 



È difficile descrivere le sensazioni che si provano guardando questi spazi infiniti e incontaminati. Sembra un'illusione, abituati come siamo al caos e alla frenesia della nostra vita. Qui il tempo si ferma e i confini non esistono, l'unica cosa che conta per noi è di riuscire ad memorizzare ogni momento per poterlo poi rivivere nelle nostre menti una volta a casa. Tondok  (la nostra guida) estrae un binocolo ed inizia scrutare l'orizzonte prima di dedicarsi allo studio di escrementi. Raccoglie infatti dei bagolini di sterco dal terreno e si appoggia sulla mano di Lore pronunciando qualche parola mongola incomprensibile. Fortunatamente non intendeva farglieli assaggiare, ma solo dirci che da quel posto erano passate delle pecore (almeno è quello che abbiamo capito in quel momento).






Scendiamo a piedi risalendo cavallo solo a metà discesa. Qui Tondok fa scambiare il mio cavallo con quello di Lau, probabilmente per farmi cavalcare libero per la metà gita successiva. Fino a quel momento infatti il mio cavallo, probabilmente il più ribelle, era sempre stato tenuto dalla mini guida tramite una corda. Durante la discesa al fiume Tondok si ferma improvvisamente ad indicare la cresta di una montagna lì vicino. Noi non vediamo niente ma dopo un'attenta osservazione tramite lo zoom della mia telecamera, riusciamo scorgere e a riprendere una famiglia di argali, animali tipici che sono un mix tra una capra e un montone. Ecco cosa cercava la nostra guida con gli escrementi! Dopo aver abbeverato i cavalli finalmente si corre un po', Tondok dà il via libera per una lunghissima galoppata nella steppa fino al nostro villaggio. È veramente faticoso stare aggrappato ad un cavallo al galoppo, ma ti dà una sensazione di libertà ineguagliabile, davvero bello! Comunque quello che ha faticato di più è stato Lore, impegnato anche a tallonare, incitare ed insultare il suo ronzinante per cercare di farlo stare al passo con gli altri.
 

La gita si è prolungata ben oltre le tre ore, arriviamo infatti alla base all’una, giusto in tempo per il pranzo. Nel frattempo il tempo si è fatto più ostile, facciamo appena in tempo a sederci a tavola prima che inizi una forte piovuta durata poi tutto il resto del pomeriggio. Decidiamo così di concederci un meritato riposino nella gher. Laviamo qualche vestito, facciamo una doccia calda, ceniamo e siamo pronti per un'altra bella dormita. L'unico pensiero triste la consapevolezza che ormai è l'ultima notte nella nostra adorata gher.






 
Ne approfitto per descrivere a grandi linee queste bellissime tende mongole. Sono di forma circolare con un diametro di circa 4 m. Lo scheletro interno è costituito da moltissimi legni colorati di arancio che partono dal centro fino ai lati, appoggiando su di una rete di legno che segue tutta la circonferenza per circa 1 m di altezza. 






 

 
 

Il tutto è supportato da due colonne centrali, sempre di legno, che appoggiano su di un anello centrale che funge da apertura di areazione. La struttura è rivestita da diversi strati di feltro che la rendono impermeabile e isolata sia dal freddo che dal caldo. 




 

 





Abbiamo infatti constatato che bastava accendere cinque minuti la stufa per alzare la temperatura interna in maniera esponenziale. Sotto il caldo sole pomeridiano teneva invece una più che accettabile temperatura interna.





 




La tenda era arredata con quattro larghi letti disposti lungo le pareti. Un basso tavolino e quattro sgabelli erano posti dietro la stufa a legna che risiedeva esattamente al centro della gher.








 





Il pavimento era ricoperto da una specie di moquette verde e l'illuminazione avveniva tramite due semplici candele che venivano prontamente sostituite all'occorrenza. A fianco della bassissima porta c'era infine un attaccapanni.












 



Una sistemazione decisamente accogliente ed ancora largamente usata dagli abitanti della Mongolia. Capita infatti spesso di incontrare solitarie gher disposte qua e là per le steppe mongole.






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